Ambasciatore - Senatore del Regno
Costantino Nigra nasce a
Villa Castelnuovo l’11
giugno 1828: suo padre,
superstite dell’armata
napoleonica, è medico
mentre la madre, Anna
Caterina Revello, è
nipote di Gian Bernardo
De Rossi, orientalista
di fama mondiale. Compie
i suoi primi studi a
Bairo e a Ivrea per poi
iscriversi nel 1845 –
nonostante la
propensione per gli
studi letterari,
filologici e per la
poesia – alla Facoltà di
Giurisprudenza
della Regia Università di
Torino. Nel 1848 si
arruola come Volontario
nel Corpo dei
Bersaglieri combattendo,
prima, a Peschiera del
Garda, Santa Lucia,
Colmasino, Goito, Rivoli
(ove è ferito a un
braccio) e, nel 1849,
alla Bicocca nella
“brumal Novara”. Dopo la
guerra, riprende gli
studi universitari a
Torino ove si laurea nel
1850. Nel 1851 vince il
concorso al Ministero
degli Esteri diventando
Applicato Volontario di
quarta classe. Ben
presto è Capo della
Segreteria del Ministro
(e anche Primo
Ministro), Massimo
d’Azeglio, tutt’altro
che avaro
nell’apprezzare le
qualità intellettuali
del suo diretto
collaboratore. È durante
questo periodo che egli
si fa notare nel campo
poetico, ricevendo
l’elogio di Alessandro
Manzoni per avere
composto un carme in
occasione del matrimonio
della figlia di Massimo
d’Azeglio.
Il periodo al servizio di
Cavour: un ruolo da protagonista
nelle relazioni diplomatiche
risorgimentali
Nel novembre 1852 e fino al 1858 (anno in cui gli subentrerà nella carica Isacco Artom) è alle dirette dipendenze di Camillo Benso di Cavour diventandone ben presto il confidente preferito; anche se, come dirà (questa volta sbagliando) il suo diretto superiore, le sue modeste origini di figlio di un medico di campagna gli impedirebbero di “varcare la soglia dell’esclusiva Società del Whist o d’accettare l’invito a colazione rivoltogli dal conte di Talleyrand-Périgord”!
Nel 1855 Nigra fa parte come
Segretario addetto alla
corrispondenza di Cavour della
delegazione del Re Vittorio
Emanuele II nell’importante
viaggio a Parigi e a Londra.
Rientrato a Torino e dopo avere
assistito al Congresso di Parigi
del 1856 che fornisce al Primo
Ministro del Regno di Sardegna
l’occasione per porre per la
prima volta all’attenzione degli
Stati europei la questione
italiana, Nigra ricopre il
prestigioso incarico di Capo di
Gabinetto di Cavour, divenendo
interprete ed esecutore delle
sue decisioni più importanti.
Nel maggio 1858 si reca a Parigi
per preparare l’incontro di
Plombières avvenuto il 21 luglio
di quello stesso anno tra
l’Imperatore dei Francesi e il
Primo Ministro del Regno di
Sardegna. Nella città dei Vosgi
Napoleone III rinnova il suo
impegno, già anticipato a Nigra,
a “cacciare l’Austria dalla
penisola e di formare un Regno
dell’Alta Italia sotto lo
scettro dei Savoia a condizione
che la guerra non finisca per
assumere un carattere
rivoluzionario”. La prima mossa
del Presidente del Consiglio del
Regno di Sardegna consiste nello
stabilire attraverso Costantino
Nigra non soltanto un canale di
comunicazione privilegiato con
l’Imperatore dei francesi: non
basta, cioè, cercare di “percer
le secret de l’Empereur”, ma
occorre altresì inchiodare
l’alleato francese sul rispetto
degli impegni presi: ciò che
comporta un cambiamento di rotta
nella politica finora seguita da
Torino. Un ruolo, dunque, attivo
proprio per evitare - come
osserverà Rosario Romeo - che
gli automatismi della balance
of power si
chiudano ancora una volta
sull’Italia condannandola
all’immobilismo di sempre. Nigra
è così chiamato a costruire un
rapporto di intima fiducia con
l’Imperatore francese, un canale
di comunicazione diretto e
riservato del quale nemmeno il
Capo missione della Legazione
del Regno di Sardegna a Parigi,
il marchese Pes di Villamarina,
è a conoscenza. Ecco allora la
missione affidata alla
diplomazia piemontese: fare
saltare - con il valido
contributo di Costantino Nigra -
gli automatismi contrastando il
sistema delle forze e degli
interessi legati al mantenimento
nel Vecchio Continente dello
status quo. È dunque il “civil
servant” di Cavour, entrato
ormai nelle “confidenze” di
Napoleone III, a informare che
l’Imperatore, cui è stata
trasmessa la copia del discorso
che il Re Vittorio Emanuele
dovrà tenere il 10 gennaio 1859
davanti al Parlamento subalpino,
ha suggerito la seguente
“aggiunta”: “ …pur restando
fedeli ai trattati non possiamo
restare insensibili al grido di
dolore che da tante parti
d’Italia si leva verso di noi” :
un passaggio che provoca in
Cavour la seguente reazione: “Fategli presente - ingiunge a
Nigra - che quel grido di dolore
scatenerà il finimondo”. In
effetti il finimondo scoppia,
determinando a seguito della
Seconda Guerra d’Indipendenza la
fine del controllo austriaco su
gran parte dell’Italia.
Nei primi mesi del 1860
Costantino Nigra è chiamato,
insieme ad Isacco Artom, ad
occuparsi della gestione delle
annessioni al Regno di Sardegna,
nonché della dolorosa questione
della Savoia e di Nizza. A
quest’ultimo riguardo, proprio
Nigra consiglia a Cavour di
acconsentire alla cessione
territoriale in quanto, come
affermato in una lettera, la
rinuncia del Re ad essere Duca
di Savoia sarebbe stata
ampiamente compensata dal
divenire Re d’Italia. Visto il
successo della sua missione a
Parigi, Nigra è nominato, prima,
Incaricato d’affari, e, dopo il
Trattato di Pace del 24 marzo
1860, Ministro residente presso
la Legazione a Parigi, per poi
essere promosso l’anno
successivo al grado di Inviato
straordinario e Ministro
plenipotenziario, raggiungendo a
soli 32 anni la più alta carica
della diplomazia piemontese.
La passione mai abbandonata per
gli studi letterari e storici
Pur continuando ad adempiere il
suo dovere al servizio dello
Stato, Costantino Nigra persiste
nel coltivare la sua passione
giovanile per le lettere e la
storia: si dedica all’arte
poetica con gli Idillii, a
ricerche erudite con le Reliquie
Celtiche e, soprattutto, agli
studi di poesia popolare.
Durante l’attività di
diplomatico gli sono affidati
incarichi delicati e decisivi
per il processo unitario i
quali, tuttavia, non lo
porteranno a rinnegare la
relazione di complementarità tra
l’esercizio dell’arte letteraria
e lo svolgimento dei servizio
diplomatico. Così, quando nel
1863 s’accorge della
partecipazione di una gondola
veneziana a una regata nelle
acque del laghetto prospiciente
la dimora imperiale a
Fontainebleau, compone per
l’Imperatrice Eugenia una
“barcarola” i cui versi, nel
fare riferimento a Venezia,
ancora occupata dopo Villafranca
e Zurigo dagli austriaci,
ricordano come di fronte al
“muto imperatore” la città di
San Marco sia stata lasciata
“povera, ignuda, esangue” pur
rimanendo “viva …… ad
aspettare”.
Capo Missione a Parigi dopo la
morte del Conte di Cavour
Dopo la morte di Cavour, Nigra
fa tesoro delle linee direttrici
della politica da seguire che
consigliano anzitutto di
sottrarre il compimento
dell’unità italiana alle
conventicole di spiriti
rivoluzionari e romantici per
collocarlo entro la cornice
delle sorti del Vecchio
Continente non più legate,
soprattutto dopo il 1848, al
principio di legittimità. Il
discepolo dell’ultimo Primo
Ministro del Regno di Sardegna e
Primo Ministro (dal 23 marzo al
6 giugno 1861) del Regno
d’Italia saprà altresì praticare
nella sua attività di
diplomatico la duplice
necessità, da un lato, di
lasciare da parte i proclami
roboanti del tipo “l’Italia farà
da sé” per confidare, invece,
sull’aiuto di un alleato
naturale e, dall’altro, di fare
in modo che al proprio agire non
faccia mai difetto una
lungimiranza temperata da sano
realismo e, anche, da
ostinazione. Entro questa
cornice si colloca
l’ineluttabilità della già
citata cessione di Nizza e della
Savoia alla Francia, la
necessità di contribuire a
superare i sospetti della
Comunità internazionale verso
uno Stato formatosi al di fuori
dei canoni classici ispirati
all’applicazione dei principii
del 1815 e che, quindi,
impongono prudenza verso il
riconoscimento ufficiale (nella
seconda metà di marzo1861 il
primo sarà quello del Regno
Unito seguito dalla
Confederazione elvetica e dagli
Stati Uniti; in luglio
interviene quello della Francia
mentre nel 1864 si aggiungono la
Prussia e gli Stati tedeschi e
nel 1867 l’Austria). Nel ruolo
di Ambasciatore del Regno
d’Italia a Parigi, Costantino
Nigra si trova, fin dagli inizi
della sua missione in Francia, a
gestire una situazione
tutt’altro che facile. Oltre ai
sospetti dei quali si è detto,
vi è l’impressione, assai
diffusa presso le opinioni
pubbliche di mezza Europa e le
relative Cancellerie, che i
successori di Cavour non siano
all’altezza di rimediare al
disordine dell’Italia unita e,
in particolare, nell’Italia
meridionale e centrale in preda
al brigantaggio. Su questo
sfondo si colloca inoltre il
desiderio dei nostri Governi
(sia della destra storica sia
della sinistra storica fino al
1870) di vedere rapidamente
risolta, grazie alla mediazione
di Napoleone III, la Questione
Romana, cui si aggiunge il
proposito, anche qui
accompagnato dal desiderio di
“fare presto”, di riparare,
attraverso l’annessione del
Veneto, al vulnus provocato
dall’armistizio di Villafranca.
A questo riguardo, il tenore del
passo compiuto da Costantino
Nigra presso un collaboratore
del Ministro Edouard Thouvenel
il 1° agosto, ancor prima della
presentazione delle Credenziali
a Napoleone III, è indicativo
delle preoccupazioni che
serpeggiano a Torino. “Gli
esposi dunque” scrive al
Presidente del Consiglio,
Bettino Ricasoli, “la condizione
del nostro paese che qui, non
giova il nasconderlo, si dipinge
con foschi colori. Non gli celai
le difficoltà di Napoli ma
sostenni che il Governo del Re
era abbastanza forte per
superarle, ove sopratutto la
Francia ci aiutasse a spegnere
in Roma il focolare
degl'intrighi che colà si
ordiscono contro i due Governi
alleati”; e, con riferimento
alla Questione Romana,
aggiungeva che “non bisognava
limitarsi ad aspettare il
benefizio del tempo e rimettersi
al caso quando si tratta
d'interessi di cosi enorme
importanza”. Costantino Nigra
osservava che “quindi era
politica prudenza il considerare
fin d'ora, d'accordo tra i due
Governi alleati, i mezzi più
acconci a risolvere la
questione”. Terminava osservando
che, a tal fine, “il Governo del
Re era disposto a camminare in
questa bisogna con piedi di
piombo, purché si camminasse… al
fine di aiutare il Governo
Imperiale a togliersi una volta
dal grande impaccio
dell'occupazione di Roma”. Il
periodo della sua missione in
Francia fino alla caduta
dell’Impero è caratterizzato da
due avvenimenti che vedono
Costantino Nigra impegnato in
prima persona: dapprima, la
Convenzione da lui firmata a
Fontainebleau il 15 settembre
1864, che contempla il ritiro
delle truppe francesi da Roma,
e, attraverso un Protocollo
aggiuntivo tenuto segreto, il
trasferimento a Firenze della
capitale del Regno d’Italia; due
anni dopo, l’impegno preso da
Parigi a dichiararsi neutrale
qualora Firenze, a seguito
dell’apertura delle ostilità
della Prussia contro l’Austria,
stringa un’alleanza con Berlino
per annettersi il Veneto (ciò
che avverrà con il Trattato di
Berlino dell’8 aprile 1866).
I rapporti con la Francia
repubblicana
Lo scoppio della guerra
franco-prussiana segna una
svolta penosa nell’atteggiamento
del nostro Capo Missione che, di
fronte alla scelta tra una
stretta neutralità e
un’alleanza, memore
dell’appoggio fornito da
Napoleone III per cacciare gli
austriaci dalla penisola,
propende per una discesa in
campo a fianco dei francesi.
Entro questa cornice si colloca
la preghiera, peraltro non
esaudita, rivolta il 1°
settembre 1971 all’amico
Ministro Emilio Visconti
Venosta, d’essere trasferito ad
altra sede; e ciò tenendo conto
dei suoi precedenti in Francia
con Napoleone III e,
soprattutto, delle critiche da
lui mosse alla politica del
Governo di Firenze sulla
Questione Romana, giudicata
inopportuna in un frangente in
cui sono in gioco i destini del
Secondo Impero. A prescindere
dai precedenti legami con la
coppia imperiale, egli riesce
ben presto a entrare
nell’apprezzamento di quasi
tutti i reggitori del nuovo
regime repubblicano francese. Al
riguardo, basti ricordare la
richiesta rivolta dal Ministro
degli Esteri Jules Favre
direttamente al nostro Governo
perché egli si rechi dopo la
sconfitta al Quartier Generale
prussiano per intavolare i
negoziati d’armistizio. Per
avere un’idea di come la
missione di Costantino Nigra a
Parigi sia apprezzata dai
francesi nonostante le
recriminazioni per il mancato
aiuto contro i prussiani, basti
rileggere le seguenti parole che
nel 1899 il celebre politologo
Gustave Rohan scriverà sulla
prestigiosa Revue des deux
Mondes : “La sua azione
diplomatica è stata spesso messa
in discussione dal nostro
patriottismo deluso ma la
sincerità delle sue simpatie
personali nei confronti della
Francia non è stata mai oggetto
di discussione.” Informare,
suggerire, consigliare e
programmare: ecco la vera natura
della missione diplomatica che
consiste nel fornire alla
politica – come ha fatto
Costantino Nigra – gli elementi
e gli strumenti necessari per il
raggiungimento di quei fini che
spetta allo statista di definire
e di perseguire. Certamente egli
è consapevole della differenza
tra questi due ruoli e, forse,
un pizzico d’orgoglio suggerisce
a lui – autentico “civil
servant” – di rifiutare
l’offerta del Presidente del
Consiglio Francesco Crispi di
nominarlo Ministro degli
Esteri.
Le successive missioni a
Pietroburgo, Londra e Vienna
Passato a dirigere nel giugno
1876 la nostra Rappresentanza a
Pietroburgo, nel 1882 Costantino
Nigra è incaricato di
incrementare e sviluppare le
relazioni tra il Regno d’Italia
e la monarchia zarista. Il
compito non è di facile
realizzazione, essendo la Russia
legata all’Austria da obblighi
convenzionali. Inoltre, i
Governi della Sinistra storica
in quel momento in carica
nutrono forti sospetti nei
confronti di Pietroburgo, non
facilitando dunque il compito
affidato a Nigra. A seguito
della stipula del Trattato della
Triplice Alleanza nel 1882,
Nigra è nominato Capo missione a
Londra, rimanendovi tuttavia per
soli tre anni. Ricevuto il
titolo di Conte con Lettere
Patenti da parte del Re Umberto
I, nel novembre 1885 Costantino
Nigra è inviato a Vienna, dove
mantiene una linea di leale
adempimento alle prescrizioni
derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alla Triplice
Alleanza. La capitale austriaca
è una delle sedi più importanti
per la politica estera del Regno
d’Italia, rappresentando dunque
l’apice di una carriera di
grandissimo rilievo. A Vienna
Nigra riesce a costruire un
solido rapporto personale con
l’Imperatore Francesco Giuseppe,
una relazione che si protrae per
tutti i diciotto anni della sua
missione nell’Impero
Austro-Ungarico. Nel 1890 è
nominato Senatore del Regno
d’Italia e insignito dal Re
Umberto I dell’Ordine Supremo
della Santissima Annunziata.
Collocato a riposo a 71 anni, si
ritira a Venezia e,
successivamente, a Roma. Entrato
a far parte dell’Accademia dei
Lincei, muore a Rapallo il primo
luglio 1907.
Opere
La rassegna di Novara,
Firenze, Barbera, 1875;
(composto nel 1861)
La gondola Veneziana (barcarola), 1863;
Le reliquie Celtiche,
Torino, Loescher, 1872;
Canti popolari del Piemonte,
Torino, Loescher; 1888 / Torino,
Roux e Frassati, 1895 / Torino,
Einaudi,1957;
La chioma di Berenice,
Milano, Hoepli, 1891;
Elegia di Callimaco con testo
latino di Catullo,
1892;
Inni su Diana,
Torino, Loescher, 1892;
Inni di Callimaco su Diana e
sui lavacri di Pallade:
Recensione, traduzione e
commento di Costantino Nigra,
Torino, Loescher, 1893;
Idillii, 1903;
Poesie originali e Tradotte a cura di Alessandro D'Ancona, Firenze, Sansoni, 1913.
A cura dell’Ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli