Inviato straordinario - Ministro Plenipotenziario - Senatore del Regno
Domenico Carutti di Cantogno
nasce a Cumiana il 26 Novembre
1821. Compie i suoi studi
secondari nel Collegio di
Garzigliana e nel Convitto di
Pinerolo. A partire dal 1834
frequenta i corsi della Facoltà
di Giurisprudenza prima
alla Regia Università di Torino (ove
sente “per la prima volta
ragionare dell’Italia nuova e
della libertà”) e, in seguito, a
Pisa senza tuttavia conseguire
la laurea.
Coltiva fin da
giovane la passione per le
lettere e, da questo punto di
vista, il lungo soggiorno a
Firenze tra il 1841 e il 1843
gli è particolarmente proficuo.
Infatti, egli frequenta nel
Palazzo Buondelmonti il
Gabinetto scientifico-letterario
(con sale aperte alla
conversazione e allo scambio di
idee) fondato da Giovan Pietro
Vieusseux, del quale diventerà
amico.
Prima di rientrare
a Torino soggiorna a Livorno
(ove incontra Francesco Domenico
Guerrazzi, ardente mazziniano),
a Napoli (vi si trova all’epoca
della spedizione dei fratelli
Bandiera e diventa assiduo
frequentatore del salotto della
poetessa Maria Giuseppina
Guacci, la cui opera verte su
temi storici, morali e
soprattutto patriottici) e a
Roma.
Le esperienze
letterarie e culturali di
Domenico Carutti risalenti a
quest’epoca (poemi, novelle, e
romanzi) sono raccolte nel
volume Racconti di gioventù che traducono le tendenze verso un
impegno politico che rispecchia
anche le idee di un suo zio,
allontanato dall’esercito
sabaudo per aver partecipato ai
moti del 1821.
L’ingresso in carriera
diplomatica e gli studi storici
Il suo ritorno a Torino (ove
partecipa a manifestazioni di
protesta in chiave soprattutto
giobertiana) e la sua nomina a
Segretario dell’Associazione
agraria (nota non soltanto per
reclamare la modernizzazione
dell’agricoltura locale, ma
anche e soprattutto per
l’attività in campo politico
ispirata ai principi liberali)
coincidono, tra l’altro, con la
sua adesione alla Società per la
confederazione italiana fondata
da Vincenzo Gioberti e volta a
promuovere nella penisola un
patto federativo.
È su suggerimento di Gioberti,
diventato Presidente del
Consiglio dei Ministri nel
dicembre 1848, che egli nel
gennaio 1849 entra in qualità di
Applicato al Ministero degli
Esteri del Regno di Sardegna.
Nel 1852 pubblica Dei
principii d'un governo libero, un’opera
che raccoglie lodi e consensi
molto ampi non soltanto nel
Regno di Sardegna. In essa
l’autore approfondisce la
nozione della vera libertà
sottolineando come i principii
alla base del governo libero non
possano non essere che popolari.
In servizio al Ministero degli
Esteri, Domenico Carutti di
Cantogno non trascura certo i
doveri dell'ufficio, anche se
trova il tempo d’appassionarsi
agli studi di quella maestra di
vita che è la storia. La sua Storia
del Regno di Vittorio Amedeo II, pubblicata
nel 1856, è tanto apprezzata da
aprirgli la strada per essere
ammesso nel 1856 alla Reale
Deputazione di studi sulla
storia nazionale e nel 1858 alla
Regia Accademia delle Scienze di
Torino.
Dopo la pubblicazione della Storia
del Regno di Carlo Emanuele III nel
1859 è insignito della Croce di
Cavaliere del Merito Civile di
Savoia.
L’attività presso il Ministero
degli Esteri: da Caposezione a
primo Segretario Generale del
Regno d’Italia
Quanto alla sua carriera al
servizio dello Stato, Domenico
Carutti diventa nel 1853 Capo
Sezione e nel 1857 Segretario
del Consiglio del Contenzioso
diplomatico.
Sempre in quegli anni è chiamato
a far parte delle commissioni
d’esame per i concorsi nella
carriera diplomatica.
Nel febbraio 1858 è destinato in
missione a Londra per aiutare il
Capo della nostra Legazione
Vittorio Emanuele D’Azeglio a
sbrogliare l’intricata vicenda
del piroscafo “Cagliari” (di cui
Carlo Pisacane nel giugno 1857
s’era impadronito con la
complicità di due macchinisti
inglesi per la sfortunata
spedizione di Sapri)
Primo Segretario Generale del Regno d’Italia
Nel giugno 1859 è promosso Capo
Divisione e, entrato a far parte
della Segreteria particolare del
Segretario Generale Marco
Minghetti, diviene membro molto
apprezzato della Commissione
incaricata di occuparsi delle
province conquistate. Il 15
ottobre successivo il Ministro
Giuseppe Dabormida lo nomina
Segretario Generale, carica,
questa, che gli verrà
riconfermata nei gabinetti
Cavour e Ricasoli facendo così
di lui il primo Segretario
Generale del Regno d’Italia.
La missione all’Aja e gli incarichi politici ed accademici
Con l’avvento della sinistra al
potere nel marzo 1862, Domenico
Carutti, critico nei confronti
della linea di politica estera
perseguita dal primo Governo
Rattazzi e da lui considerata
troppo avventurosa, rassegna le
dimissioni da Segretario
Generale per assumere il 15
marzo 1862 le funzioni di Capo
Missione della Legazione all’Aja
con l’incarico, prima, di
Ministro residente e dal 7
novembre 1864 all’aprile 1869 di
Inviato straordinario e Ministro
plenipotenziario.
A quell’epoca risale il
carteggio con Federico Sclopis,
nel quale affronta lo scottante
tema della Questione romana:
dalla Convenzione di settembre
che, contemplando il
trasferimento della capitale da
Torino a Firenze, produce
l’effetto di lasciare la
penisola “senza nocchiero in gran tempesta”,
ai tentativi di conseguire con
la forza anzicché con la
“conciliazione tra Stato e
Chiesa” la fine del potere
temporale dei papi.
Tuttavia, accanto all’attività
di funzionario dello Stato, egli
continua a coltivare la passione
politica che si traduce fin dal
1860 nella sua elezione a
Deputato nel collegio di
Avigliana e Giaveno.
Chiamato a fare parte della
Commissione incaricata della
cessione di Nizza e della Savoia
alla Francia, pronuncia il 25
maggio 1860 un applaudito
discorso nel quale, seppure
molto a malincuore, si dichiara
disposto “in nome dell’unità e soltanto di
essa”
a votare per la separazione.
Lasciato però il seggio nel
marzo 1862 per l'incarico
diplomatico nei Paesi Bassi
durato, come si è detto, fino al
1869, torna in Parlamento eletto
nella XI e XII legislatura nel
collegio di Verres.
Già nel 1869 entra a far parte
del Consiglio di Stato da cui
esce con il titolo onorifico di
Presidente di sezione nel 1889,
anno in cui è nominato Senatore.
Ma è soprattutto dal 1876 che
egli dedica il suo tempo
prevalentemente agli studi
storici. Nel 1875 entra a far
parte dell'Accademia dei Lincei,
di cui è anche Cancelliere e
Segretario della classe di
scienze morali. Nel 1884 diviene
Presidente della Deputazione di
storia patria di Torino e l’anno
successivo entra a far parte
della Società romana di storia
patria.
Dal 1890 al 1903 è componente
della Giunta dell'Istituto
storico italiano e
dell'Accademia della Crusca,
Socio onorario della Deputazione
di storia patria per le Venezie
(dal 1885) e della Società
ligure di storia patria. Dal
1875 al 1898 entra a far parte
del Consiglio superiore degli
archivi e dal 1889 è incaricato
della direzione, succedendo a
Vincenzo Promis, della
Biblioteca Reale di Torino
fondata dal Re Carlo Alberto.
Quasi tutto il suo carteggio è
conservato nel Museo storico del
Risorgimento di Torino.
Domenico Carutti di Cantogno
viene a mancare il 4 agosto 1909
nella sua Cumiana di cui è
Sindaco dal 1884. Sulla sua
tomba è scolpito il seguente
epitaffio: "patriam, libertatem,
litteras coluit, vetustae
stirpis decori addidit decus".
In occasione dei
centocinquant’anni dell'Unità
d'Italia il suo nome è inserito
dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri nell’elenco dei 150
più illustri funzionari dello
Stato.
Opere
Racconti di gioventù, Firenze,
Le Monnier, 1861;
Dei principi del governo libero,
Napoli, Stab. Tipografico, 1852;
Storia del Regno di Vittorio
Amedeo II,
Firenze, Le Monnier, 1859;
Storia del Regno di Carlo
Emanuele III,
Torino, Botta, 1859;
Gioventù – Racconti,
Firenze, Le Monnier, 1861;
Storia della diplomazia della
Corte di Savoia,
Torino, Bocca, 1875;
Breve storia dell’Accademia dei
Lincei,
Roma, Salviucci, 1883;
Il conte Umberto I° e il re
Ardoino, ricerche e documenti
del barone D.C. nuovamente
riveduti dall’autore,
Roma, Loescher, 1888;
Storia della Corte di Savoia
durante la Rivoluzione e
l'Impero,
Torino, L. Roux e C., 1892;
Storia della città di Pinerolo,
Torino, Tipografia
Chiantore-Mascarelli, 1897.
A cura dell’Ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli